Ella si indigna. Si indigna su Facebook. Si indigna in pubblico. Si indigna prima di entrare al cinema. Si indigna meno al telefono. Su Twitter non si indigna, perché 140 caratteri non le permettono di mettere in mostra tutta la sua stupefacente e logorroica nullità. Si indigna del corpo delle donne, maltrattato e trattato come una discarica dal Potere maschio (maschio, sempre maschio) e si indigna ancor di più se la sua collaboratrice domestica (serva per le amiche) rimane incita; non sia mai che i pavimenti rimangono sporchi dopo il baccanale democratico con gli amici (indignati pure quelli) e allora la “servetta extracomunitaria” deve abortire subito! Come si fa a mettere al mondo una creatura nell’era del renzismo duro e puro? Sì, ella si indigna! L’autrice televisiva Rai si indigna di default, cerca di arrivare alla purezza dell’indignazione inarrivabile di Concita De Gregorio: quella è santa santissima da venerare e seguire fino alla prossima indignazione comunitaria. Solitamente è in Rai non per chiara fama ma per raccomandazione post-democristiana. Poi acquista nuova verginità professionale frequentando segreterie di partito, però attenti!, ella non è sul libro paga di nessuno, tantomeno su quella “del politico tanto bravo e tanto democratico pare”. L’autrice Rai indignata è carampana chic, da sempre. E nata vecchia e morirà da giovane vecchia. Rotondetta e ricoperta da una pelame misto a cellulite si barcamena tra un italiano incerto nei pertugi nascosti della terza rete della Rai. Reginetta di Wikipedia dona alla plebe perle di saggezza sconfinata da far impallidire lo “strano ma vero” della gloriosa Settimana Enigmistica. Prova minime contrazioni vaginali solo quando si presenta in diretta televisiva: è il solo attimo di felicità in una vita fotostatica di anonimi eroi. Non prova affetto per nessuno, tantomeno per se stessa. Tradisce la fiducia e l’amicizia degli altri con codardie da romanzo ottocentesco mai scritto per mancanza assoluta di trama. Come la sua vita, senza soggetto e senza personaggi; esiste solo la sua infinita solitudine che in confronto le statue cimiteriali sono allegre comari. Muore d’invidia e intanto si indigna. Sa che prima qualcuno si accorgerà della sua inutilità. Ma indignandosi con fermezza riuscirà ad aprire un nuovo talamo: chi avrà il coraggio di indignarsi per lei? Se non lo fanno adesso non lo faranno mai più.